Antonello Gagini

Antonello Gagini

Gagini

Gagini

Antonello Gagini (1478 –1536) da giovane collaborò col padre Domenico; quando morì il padre, Antonello aveva solo 14 anni; iniziò a lavorare autonomamente a Messina, nel 1498, dove proseguì la linea anche tematica paterna, producendo in serie Madonne con Bambino. Nel frattempo, però, si formò anche come architetto, e quando nel 1508 fece ritorno a Palermo, la sua personalità artistica era ormai perfettamente compiuta.

Dal 1504 al 1506 trova il tempo per un soggiorno a Roma presso Michelangelo, collaborando alla tomba di Giulio II. Il suo ritorno a Palermo era collegato, se non determinato dall’incarico ricevuto dall’arcivescovo di erigere la tribuna della cattedrale: un’opera colossale, che avrebbe tenuto impegnato Antonello fino alla morte, costringendolo perfino ad aprire una seconda bottega, vicino alla cattedrale, mentre quella paterna, al porto, era diventata ormai un moderno negozio di statue, creando una sorte di “marchio di fabbrica”.

La tribuna della cattedrale, perduta oggi nell’insieme a causa dei rifacimenti neoclassici subiti dall’interno, contava un numero altissimo di statue – settantacinque, probabilmente, molte delle quali oggi adornano la navata centrale-, era lunga quasi 30 metri e alta più di 15. Fu senza dubbio l’opera che segnò la vita artistica di Antonello, che tuttavia riuscì ad essere anche importante architetto e splendido realizzatore di singole sculture, tra le quali vanno citate almeno la Madonna della Scala di Palermo, il San Giovanni Battista di Castelvetrano e il Crocifisso di Alcamo.

Nel 1517 Antonello realizza per la chiesa di S. Cita La Tribuna marmorea, trasferita nella chiesa attuale, edificata tra il 1568 e il 1603. La tribuna presenta esternamente due grandi pilastri corinti, divisi in cinque quadri, ove sono scolpiti dieci figure di Santi dell’ ordine domenicano: due pontefici, due cardinali, due vescovi e quattro frati, seduti davanti ad un leggio. In questi ritratti appare evidente come lo scultore abbia ben assimilata la lezione di Francesco Laurana, avendo presente anche la lezione di Antonello da Messina che, sin dal 1470, aveva iniziato a realizzare i primi ritratti isolati, presentati tre quarti e non più il profilo, cogliendo realisticamente i particolari fisionomici e psicologici dei suoi personaggi.

Sulla trabeazione sono scolpiti gli evangelisti con i loro simboli: da sinistra a destra Marco con il Leone, Luca con il vitello, Matteo con l’angelo e Giovanni con l’aquila. Nei due spazi angolari fra l’arco e l’architrave, in due medaglioni rotondi, i santi domenicani: Tommaso d’Aquino e Pietro Martire.

Nell’entradosso dell’arco, in otto scompartimenti, quattro per lato, con vivace tono realistico sono raffiguranti episodi della vita di S. Cita, la santa lucchese cui era stata dedicata la chiesa. Partendo dal pilastro sinistro e dal basso verso l’alto: nella prima formella S. Cita davanti le mure della città di Lucca mentre si reca alla messa; nella seconda S. Cita che offre il mantello ad un povero; nella terza e quarta la santa che distribuisce ai poveri il pane e l’acqua. Le prime due formelle del lato destro sono molto rovinate; nella terza è raffigurata la breve malattia che in cinque giorni uccise la santa, la cui morte è raffigurata nella quarta formella in alto. Nella parte basamentale della Tribuna sono scolpiti dodici mezzi busti di apostoli.

Il cuore dell’opera è la formella della Natività che Gagini ha realizzata ispirandosi al modello iconografico del Rossellino, diffuso in Sicilia sia da Laurana che da Domenico Gagini: una festosa assemblea di angeli canta il gloria. Accanto le statue di due sante siciliane: Agata e Olivia. Sovrastante la Natività è raffigurata la Dormitio Virginis, con accanto, in due piccole nicchie, i santi Domenico e Vincenzo Ferrer. In alto una lunetta dentro la quale è raffigurato l’Eterno Padre con angeli.

Altra opera realizzata da Antonello per la chiesa di Santa Cita è l’arco marmoreo nella cappella Platamone, la seconda a destra del presbiterio: Dodici busti di re Patriarchi sono posti tra eleganti girali di rami e foglie nei due pilastri, seguendo una simbologia legata alla “scala di Giacobbe”.

Alle basi, dentro scudi, sono scolpite le insegne dei Platamone. Nella lunetta in alto l’imperatore Ottaviano in ginocchio che chiede alla Sibilla se mai sarebbe venuto al mondo un uomo più grande di lui. E la sibilla dice di si e, con il braccio destro, indica il Cristo fra le braccia della Vergine. Alla Galleria Regionale di palazzo Abatellis, a Palermo, proveniente dalla chiesa di S. Cita, è una bellina annunciazione.